Il federalismo in Magna Grecia



La federazione "italiota" ruota intorno al concetto di politeia Acheo.

Il punto di partenza è il completo sconvolgimento delle città della regione allora chiamata Megale Hellas, dopo l'incendio dei sinedri pitagorici che portò alle stragi ed ai disordini. Per eliminare lo stato di fatto esistente si ricorse alla mediazione dall’ esterno. Quest’ultima con successo fu fornita dagli Achei e permise l’uscita dalla crisi delle città.

Le Stesse dopo gualche tempo finirono per imitare completamente la politeia Achea. Lo storico Polibio afferma che Crotoniati, Sibariti e Cauloniati decisero di collegarsi e scelsero il tempio dì Zeus Homarios come sede comune per le loro riunioni. I termini con cui Polibio si esprime sono chiari per quanto riguarda la presenza in ambito “coloniale” di un federalismo e sull'adozione di una politeia che utilizza il fondo comune di leggi, costumi e istituzioni achee (Pol. 2,39). Sotto i profili di convenienza la città di Sibari aveva tutto da guadagnare a far parte di una federazione a parità di diritti con la potente Crotone, come ne ha beneficiato, in termini di prestigio e potere, Caulonia la quale si prodigò per l'opera di mediazione sin dallo scoppio delle rivolte antipitagoriche e fu protagonista - accanto a Metaponto e Taranto - del giudizio arbitrale a carico dei pitagorici crotoniati esuli e poi quale probabile promotrice dell'intervento mediatore acheo.

Per il funzionamento della lega italiota è interessante il contenuto di due synthekai narrate da Diodoro. La prima contemplava l'impegno di tutte le città alleate ad intervenire prontamente in soccorso di un territorio attaccato dai Lucani. Essa, oltre ad indicare in questi ultimi lo specifico nemico cui la symmachia aveva inteso opporre un fronte comune, lascia intendere che la finalità precipua dell'impegno contratto stava nell'assicurare - in caso di attacco lucano – l’automaticità e la conseguente rapidità della risposta difensiva federale. Ciò significa sostanzialmente che in presenza di un attacco su una parte qualsiasi di territorio della Lega non c’era bisogno di convocare il sinedrio per assumere deliberazioni ad hoc. In tale caso l'intervento militare scattava automaticamente e globalmente e questo era un deterrente per i Lucani che avrebbero dovuto fronteggiare le forze della Lega al completo, in caso di attacco. Ma tale accordo era anche una misura preventiva contro eventuali tentennamenti o attardamenti nella risposta bellica degli stati membri della federazione . Infatti era prospettata la pena di morte, prevista nell'altra syntheke, per gli strateghi della città eventualmente inadempiente. L'applicazione di questa seconda syntheke - da cui tra l'altro emerge il ruolo preminente degli strateghi delle varie città nell'organizzazione della difesa militare comune presupponeva un processo a carico degli stessi ove rei di omesso soccorso. Da ciò consegue che il sinedrio stesso o altro apposito collegio di delegati delle città avesse precise attribuzioni giudiziarie per poter recepire le lagnanze, accertare i fatti, emettere la sentenza, imporne l'esecuzione.

Successivamente è divenuta città eminente, nella Lega Italiota, Taranto che aveva avocato ad un organo sotto il suo diretto controllo la giurisdizione federale e davanti ad esso minacciava di perseguire eventuali comportamenti antifederali. Il timore per un uso da parte di Taranto spregiudicato ed imprevedibile ai danni delle altre città, confederate, dei poteri che lediscendevano dall'esercizio di fatto dell'egemonia si ritrova nella motivazione della richiesta di un presidio romano fatta dai Reggini al console Fabrizio (Dion. 20,4,2): essi avrebbero dichiarato di non fidarsi della città di Taranto